Caro Babbo Natale

Caro Babbo Natale
Caro Babbo Natale, quest’anno, per la prima volta, abbiamo deciso di scriverti, non per chiederti dei doni, ma per raccontarti una storia, la nostra storia.

“C’era una volta”… è così che, di solito, iniziano le belle storie. Questa, invece, preferiamo farla iniziare con “c’era una volta Nonna Carmela” che, da giovane, sembrava una di quelle dive, eteree ed eleganti, della Holliwood anni 40′: alta, snella, labbra colorate di rosso, poche gocce di “Le fue du Vesuve” e gli immancabili guanti neri.

Quando eravamo piccole, giocava con noi, recitando filastrocche e raccontandoci che “c’era ‘na vota un re, bafè, viscotte’ minè”. Nonna Carmela non era una delle nonne dei film: non ricamava, non lavorava a maglia, non cucinava dolci profumati. La sua formazione, preparata con passione e dovizia, contava milinciani ammuttunati, babbaluci cunzati, cacocciuli c’a tappa ri l’ova, tunnina ca cipudda, pasta coi tenerumi e tante altre leccornie salate.

Nonna Carmela, che ci ha lasciate 5 anni fa, era una donna straordinaria che amava le cose semplici, il buon cibo, i viaggi ma, soprattutto, i rumori dei vicoli di quel centro storico dove era cresciuta e che era sempre presente nei suoi ricordi e nei suoi racconti.

Compagna di lavoro, prima, adorata moglie poi, ha tirato su con il marito una famiglia numerosa, con amore e sacrifici. Ci ha insegnato cosa significa costruire il nostro futuro, giorno dopo giorno. Col tempo, un po’ come l’uomo di vetro de “Il favoloso mondo di Amélie”, ha iniziato ad accusare problemi alle ossa che, pian piano, l’hanno costretta sulla carrozzina. Una condizione fisica non facile, ma dalla quale ha tirato fuori una curiosità, sopita in passato, verso il mondo, iniziando a guardarlo con occhi nuovi. Accanto a lei, come sempre e fino all’ultimo, il suo Pietro. Inseparabili, hanno condiviso 64 anni di matrimonio.

Che dire di Pietro, il nostro supernonno di 97 anni? È la nostra roccia, il nostro punto fermo, inossidabile, sempre sorridente, nonostante tutto. Da giovane, è stato un amante del disegno, dei romanzi di Luigi Natoli, delle gesta dei Paladini di Francia, delle tarantelle siciliane e dei babbaluci cunzati; ma solo di quelli cucinati dalla sua Melina. Colpito da glaucoma oculare da bambino, dopo qualche tempo in un istituto specialistico ed un paio di occhiali, può tornare tra i banchi di scuola. Ma solo per poco tempo, perché le difficoltà economiche della famiglia lo portano a cercare presto un lavoro e la donna con la quale sistemarsi. Lo zampino di una cugina lo mette sulla strada giusta. È lei, infatti, a presentarlo alla sua migliore amica… É un vero e proprio colpo di fulmine, almeno per lui, che deve impegnarsi per conquistarla. Ma una volta riuscitoci, non l’ha più lasciata andare.

Un fidanzamento lungo 5 anni, poi il matrimonio e i figli. In mezzo gli amici di una vita e la devozione per la Santuzza. Con il tempo la vista gioca brutti scherzi ma i problemi non gli impediscono di coltivare i suoi hobby, il disegno, la lettura e una passione inesauribile per la storia e le bellezze della città. L’età, però, avanza e la mente e gli occhi iniziano a non riconoscere più i volti che negli anni gli sono stati, e gli sono tutt’ora, sempre vicino. Quando gli occhiali – che guardandoci dentro non riuscivamo a vedere nulla – hanno iniziato a non bastare, abbiamo imparato ad essere noi nuovi occhi e nuove gambe, raccontando i colori, i suoni e quello che accade tutt’intorno. 

È il nostro modo di dire grazie per l’amore ricevuto, tanto di quell’amore che non basterebbe una lettera per poterlo raccontare. La loro vita e le loro storie individuali ci hanno insegnato l’importanza di fare qualcosa per gli altri, il senso di responsabilità, il concetto di bellezza, di condivisione e di inclusione.

Ci hanno trasmesso l’amore per la Sicilia, che raccontavano spesso anche quando, in qualità di piccole aiutanti, eravamo indaffarate ad armeggiare con le mani sporche di farina o di succo di limone. Un lungo racconto chiamato Palermo, ricca di personaggi buffi, di re e regine, di cavalieri, sante, demoni, onesti e tanti disonesti.

Per anni abbiamo cercato un modo per far si che, entrambi ed insieme, potessero rivivere quei rumori della vita, ripercorrere le strade di un quartiere storico che non gli apparteneva più, entrare in quei luoghi che erano stati significativi come la chiesa del loro matrimonio, le abitazioni degli amici d’infanzia, ecc. Ma questa terra tanto bella e ricca di storia, è anche inadatta per coloro che, come i nostri nonni, hanno delle esigenze speciali.

E, allora, è da qui che inizia un’altra storia, quella di un’idea e di una promessa, ovvero, permettere a chiunque di poter vivere, rivivere, ascoltare il racconto di questa splendida città. Così, nel febbraio 2014, è nata TACUS – Arte Integrazione Cultura, un’associazione di promozione sociale, senza scopo di lucro.

Nonna Carmela in carrozzina e nonno Pietro non vedente sono stati la nostra motivazione, perché ci hanno fatto “vivere” la disabilità in modo diretto, naturale. Attraverso le loro difficoltà ci siamo rese conto di quante e quali barriere si parino quotidianamente nelle vite di chi ha bisogni particolari. Ad ogni “non si può”, ad ogni loro delusione, montava in noi il desiderio di fare qualcosa di più, qualcosa di concreto, che permettesse a loro di godere del ricco patrimonio della città.

A loro abbiamo promesso che ci saremmo impegnate a sensibilizzare sul tema dell’accessibilità e dei bisogni sociali; a continuare a raccontare, come facciamo ancora oggi con nonno Pietro, quelle storie che ci hanno insegnato a sognare: quei cavalieri,  re e personaggi siciliani, da sempre presenti, insieme a ricette, esperienze di vita, amori e dissapori.

Ma cosa e come fare? Ancora una volta, sono stati loro a darci la risposta di cui avevamo bisogno: raccontare. Il racconto – il cunto come quello delle gesta di Orlando, Rinaldo e Angelica – è un bisogno fisiologico, un modo di comunicare, di rinnovarsi e di ricordare; è cibo per l’anima; un filo diretto che collega cuore e mente, attraverso cui trasferire volti e ricordi personali al posto di quelli veri.

Il racconto non ha barriere che non possano essere abbattute; il racconto è come un viaggio che ti porta in luoghi e tempi diversi dal nostro. E la condivisione è la parte più bella del viaggio.

Così nasce TACUS con il desiderio di rendere Palermo, il suo patrimonio storico, culturale, immateriale, artistico e architettonico, un cunto accessibile a tutti, senza barriere fisiche, mentali o socio – culturali; così nascono le passeggiate narrate, in cui la parola ti prende per mano permettendoti di sentire ciò che non si sente e immaginare ciò che non si vede.

Caro Babbo Natale, siamo giunte alla fine di questa lettera. Concludiamo ringraziando tutti coloro che, insieme a noi, in questi anni, si sono addentrati nei vicoli e nelle arterie, spesso recondite e nascoste, della città, che hanno sgranato gli occhi dalla curiosità o che si sono emozionati ascoltando la storia di uno o più, uomini o donne, reali o di fantasia, che hanno passeggiato sulle basole di Palermo.

Abbiamo voluto scriverti affinché, anche in questo anno difficile, tu possa giungere con un messaggio: invita tutti coloro che hanno fatto una promessa a mantenerla; convincili che “condivisione” è sinonimo di amore e che non si deve mai smettere di credere nei sogni.

Flavia e Carmela

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