La volta stellata ha, sin dalla notte dei tempi, affascinato, incuriosito e ispirato l’essere umano. Un ancestrale e insopprimibile bisogno di indagare e spiegare la realtà lo ha indotto ad osservare il cielo notturno ceracndo di riconoscere, in quell’immenso parterre astri che, unendosi, formano costellazioni, forme animali, oggetti e figure mitologiche.
Tra le costellazioni più conosciute del mondo antico vi è, senza dubbio, quella dell’Orsa minore, conosciuta già presso i Fenici, gli Arabi, gli Aztechi (col nome di Examan Ek) e gliEgizi (come il Cane del dio Seth) e citata per la prima volta, col nome di Orsa minore, da Talete di Mileto.
Il prezioso documento Phaenomena, di Arato di Soli, è, probabilmente, il primo testo poetico che descrive le costellazioni greche, conosciute già dal III secolo a.C., e che rappresenta la maggior parte di ciò che è noto dell’antica astronomia greca.
Secondo gli studi recenti di John Tristan Barnes, giovane ricercatore dell’Università del Missouri, però, esisterebbe una antecedente rappresentazione visuale della volta celeste riprodotta su uno skyphos, una coppa di ceramica del VII secolo a.C., scoperto nei pressi di un tempio sull’acropoli di Halai, cittadina al centro della Grecia. Un oggetto ricco di crocette e disegni di animali – delfino, lepre, scorpione – che, secondo Barnes, potrebbe essere intepretato come una mappatura del cielo, con la rappresentazione di diverse costellazioni quali il Delfino, la Lepre (Lepus o il Canus minor), lo Scorpione, il Toro, il Cane maggiore e l’Idra (Serpens o Draco).
«Se torniamo indietro e rivalutiamo altre scene di animali che potrebbero essere state originariamente classificate come scene di caccia o fregi animali – afferma Barnes – allora forse possiamo trovare più [ndr. raffigurazioni di costellazioni] e ottenere una maggiore comprensione di come gli antichi Greci vedevano il cielo notturno. […] Se non sono disposti come sono nel cielo notturno, allora o la disposizione specifica non è importante, o sono stati organizzati secondo un altro criterio.»
L’ipotesi, infatti, farebbe riferimento al ciclo stagionale, come evidenziato dal posizionamento delle figure: il Toro legato all’autunno, il Coniglio e il Cane all’inverno, il Cane e lo Scorpione alla primavera, il Delfino e il Leone all’estate.
Le costellazioni presso le popolazioni antiche, erano, infatti, utili a definire e prevedere l’arrivo delle stagioni, indispensabili nel calcolo dei tempi della coltivazione dei campi e della navigazione su lunghi tratti di mare. Leggere la volta celeste, forniva informazioni utili sui mutamenti delle condizioni meteo e della loro influenza sull’attività umana.
Pur essendo comuni le decorazioni raffiguranti scene di caccia o fregi animali, Barnes sottolinea, tuttavia, l’atipicità della decorazione dello skyphos, dove è possibile notare il delfino al di fuori dello spazio occupato dagli animali terrestri. Inoltre, è da sottolineare l’insolita raffigurazione degli scorpioni rappresentati quasi sempre come emblemi di scudo.
Fino al ritrovamento dello skyphos di Halai, la più antica raffigurazione di costellazione – quella di Boote – era riprodotta su un’altra ceramica greca, datata tra il 750 ed il 700 a.C. e rinvenuta sull’Isola di Ischia.
articolo di Redazione
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