Se pittori e fotografi hanno mostrato nel corso dei secoli l’aspetto più colorato e immediato dell’amore mercenario, autori, poeti e musicisti hanno messo la propria arte a servizio di male donne e prostitute conferendo loro un’aulicità che si nutre di note e parole, attraverso le canzoni che, come uno specchio, mostrano l’anima e le sfaccettature delle epoche che cambiano. Si parla di malizia, di donne peccaminose e perdute che si fondono con l’oscurità della notte su quella strada che diventa la loro casa; di donne sfruttate, costrette a ridere anche quando vorrebbero piangere; di donne che dell’amore ne hanno fatto una missione, che stravolgono il torpore smuovendo coscienze e falsi perbenismi. Donne, tutte in egual modo protagoniste di un’unica disamine artistica.
Sono tanti gli autori che hanno dedicato note e versi a prostitute e alla loro vita. Hanno fatto storia i versi “Sempre libera degg’io/ folleggiare di gioia in gioia/ Vo’ che scorra il viver mio/ pei sentieri del piacer…” cantati da Violetta, una prostituta d’alto bordo, protagonista dell’opera lirica di Giuseppe Verdi “La Traviata“. Gino Paoli ne “Il cielo in una stanza“ rievoca, con il verso “Questo soffitto viola non ha più pareti…”, il soffitto di una stanza di una casa di tolleranza. Achille Togliani e Claudio Villa cantavano i versi “Noi siam come le lucciole” in “Lucciole vagabonde“, brano composto nel 1927 da Cesare Andrea Bixio e Bixio Cherubini. Luciano Tajoli con i versi “A mezzanotte va/ la ronda del piacere/ e nell’oscurità/ ognuno vuol godere” ne “Il tango delle capinere”, allude al tema del disagio sociale e al trasgressivo fascino della prostituzione.
Fabrizio De André, considerato da molti il cantore per eccellenza della prostituzione, cantò la famosa “Bocca di Rosa“, con i versi “la chiamavano Bocca di Rosa metteva l’amore metteva l’amore, la chiamavano Bocca di Rosa metteva l’amore sopra ogni cosa/C’è chi l’amore lo far per noia, chi se lo sceglie per professione, Bocca di Rosa né l’uno né l’altro, lei lo faceva per passione”, “La città vecchia“, “A dumenega“, “Via del Campo“ e “La canzone di Marinella“, ispirata all’omicidio di una prostituta. Ma ricordiamo anche “Il testamento”, “La domenica delle salme”, “Sally”, “La cattiva strada”, “Volta la carta” e “Carlo Martello ritorna dalla battaglia di Poitiers”, il cui testo è scritto da Paolo Villaggio.
Anche Sergio Endrigo accenna al tema della prostituzione ne “Il primo bicchiere di vino” e “La prima compagnia“ mentre Enzo Jannacci fu il primo a cantare della prostituzione milanese, con canzoni come “T’ho compràa i calsett de seda”, storia di un ruchetè, cioè un protettore, o “M’han ciamàa” e con “Veronica”, scritta insieme a Dario Fo e Sandro Ciotti. Altri esempi sono quelli de Nomadi con “L’angelo caduto“, che racconta la morte di una vittima del racket della prostituzione, Giuni Russo con “Un’estate al mare“ e Antonello Venditti con “Strada“.
Ad una giovane prostituta africana è dedicata la canzone “Ebano“ dei Modena City Ramblers, che gli valse il premio Amnesty – Voci per la libertà, assegnato da Amnesty International.
Nek dedica alle prostitute il titolo di un album “Nella stanza 26“. “Via e-mail ho ricevuto una lettere di una ragazza dell’Est che si prostituiva – ha detto Nek – a proposito del suo brano e raccontava il suo problema. Ho preso spunto per parlare di questa triste realtà…”. Il brano “Fortuna“ di Luca Barbarossa, presentato a Sanremo 2003, parla di una ragazza che “insegna l’amore al suo terzo cliente/ Ed io la sento cantare/ Sulla sua porta c’è un fiore chi arriva lo sa”.
Un tema dall’inesauribile linfa per molti artisti come i Police, Tom Waits, Lucio Dalla, Lucio Battisti, Raf, Renato Zero, Francesco De Gregori e tanti altri che parlano o citano il fenomeno a vario titolo con testi intensi, drammatici o irriverenti.
piacere.