Dante e la Divina Commedia nell’arte

Dante e la Divina Commedia nell’arte

Oltre che fornire un’ulteriore conferma (qualora ce ne fosse bisogno) della fortuna universale che la Divina Commedia ha conosciuto dal momento della sua composizione, la lunga e ricchissima collezione di opere e illustrazioni ispirate da e al poema dantesco, costituisce una sorta di commentario per immagini dell’opera di Dante.

Una cornucopia iconografica che è preziosa testimonianza, non soltanto delle personali reazioni dei singoli artisti alle suggestioni dantesche ma anche, e soprattutto, dei diversi modi di “vedere” e intendere il poema, nei diversi climi culturali e sociali delle varie epoche.

Elemento comune a tutti gli artisti e gli illustratori che si sono cimentati nella rappresentazione visuale della Commedia, rimasto immutato nel corso del tempo, è quello del viaggio, fisico e spirituale al tempo stesso, compiuto da Dante come uomo, prima ancora che poeta, vissuto come allegoria del raggiungimento della felicità ultima. Si passa dalle idilliache allegorie medievali del Paradiso Terrestre, in netta contrapposizione con i diavoli e dannati (ai quali si guarda con timore misto a sdegno), alle rappresentazioni cinquecentesche e al trionfo umanistico, passando per l’inquietudine onirica del periodo romantico all’angoscia post moderna del secondo dopoguerra.

E’ probabilmente Bartolomeo di Fruosino, uno dei più antichi commentatori della “Commedia”, che nei suoi lavori propone una visione dell’inferno caratterizzata da un’ingenua familiarità nella rappresentazione di diavoli e dannati ponendosi come semplice ambasciatore del messaggio dantesco. Giovanni da Modena lascia ai posteri un inquietante affresco dell’Inferno, inquadrato nella teologia cristiana dei tre regni dell’Aldilà e per la cui realizzazione sceglie di rifarsi a varie “visioni” medievali come, ad esempio, l’impiccagione dei peccatori per i testicoli.

Iconografi e illustratori del Quattrocento, invece, alla ricerca della più profonda conoscenza dell’anima umana, abbandonano l’allegorismo medievale per una realistica concretezza di fatti, personaggi e ambienti. Espressione massima di questa nuova interpretazione è la produzione di Sandro Botticelli. Le sue illustrazioni, per decenni una sorta di vulgata figurativa del poema dantesco, differiscono per l’impostazione mentale, per cui l’architettura allegorica e teologica viene tradotta, figurativamente, invertendo i termini del divino trascendentale all’umano razionale e verificabile.

Luca Signorelli e Michelangelo Buonarroti danno una soggettiva e personalissima testimonianza del “loro” Dante. Il Signorelli lascia una serie di grandiosi affreschi illustranti i tre regni dell’aldilà in cui si assiste ad un prevalere del nudo in ardite soluzioni, mai tentate fino ad allora, con ammassamenti osceni o grotteschi di dannati, senza dare particolare risalto al significato religioso. Michelangelo, invece, dà vita a Il giudizio universale inserendo figure mitologiche, come Caronte, che rappresentano a pieno la drammaticità delle vicende dantesche.

Agli albori del Romanticismo, legato al mito europeo di Dante uomo-eroe e poeta-vate, la Commedia viene scelta come soggetto da Johann H. Fussli per la sua complessa mitologia delle confessioni figurative; da John Flaxman che propone il parallelo Dante/Omero, e da William Blake che si orienta verso il romanticismo decadente percorrendo la strada del misticismo e, a volte, dell’esoterismo.

La figura del Dante eroico è quello del Delacroix che riesce a riportare su tela tutta l’inquietudine del Poeta, a bordo di quella piccola barca dove tentano di trovare rifugio le anime dannate dell’inferno.

Stesso valore hanno le splendide illustrazioni realizzate da Gustav Doré, forse il più celebre tra tutti gli illustratori della Commedia dantesca. Attraverso una personale interpretazione della Commedia, enfatizza la rappresentazione delle atmosfere tormentate dell’inferno alle quali riesce, tuttavia, a conferire una drammatica dolcezza, come nell’episodio di Paolo e Francesca. Nella metafora della colomba egli rappresenta le anime dei due amanti che pagarono con la vita il loro sfortunato e infinito amore. E’ così che lascia che siano le immagini, insieme alle parole, ad agire sull’osservatore in modo subliminale.

In netta contrapposizione sono le illustrazioni ricche di surrealismo e metafisica, di Salvador Dalì che ricerca nel poema i momenti di maggiore fragilità umana, d’amore e di odio. Qualcosa del genere si può dire anche per Renato Guttuso, illustratore di una Divina Commedia Mondadori 1970: la sua arte dantesca riesce meglio nelle vedute anziché nell’illustrazione di misteri e simbologia sacra. Ultimo, in ordine di tempo, a rappresentare per immagini la Divina Commedia è stato Pippo Madé.

Ma il discorso non è certamente concluso. L’umanità e l’universalità di Dante sono tali che non potranno non continuare a stimolare la creatività degli artisti, liberi commentatori e interpreti della sua poesia e del suo messaggio, filtrandoli con la propria sensibilità e mettendola a confronto con la realtà in cui si troveranno a vivere.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *