Ettore Majorana e l’enigma dell’uomo cane

Ettore Majorana e l’enigma dell’uomo cane

Palermo, 27 marzo 1938.

In quella che sembra un’anonima e tranquilla domenica di marzo si perdono le tracce di Ettore Majorana, uno dei più accreditati e stimati fisici italiani, membro del gruppo noto come i “ragazzi di via Panisperna”.

Una personalità schiva, al limite della misantropia, cui fa contraltare una carriera in ascesa, un’ottima reputazione che lo consacra come genio della fisica teorica, un’occupazione stabile ed un brillante futuro davanti a sé.

Sono questi gli elementi che rendono intrigante il giallo che ruota attorno al fisico catanese e che concorrono ad infittire un mistero che ancora oggi, a distanza di 82 anni, non ha trovato soluzione.

Suicida in mare, ritiro in monastero, vittima di servizi segreti stranieri, o altro? Troppe domande senza risposta che hanno suscitato il vivo interesse di scrittori come Leonardo Sciascia e Pierfrancesco Prosperi e persino di personalità della politica come Benito Mussolini che, immediatamente dopo la sua scomparsa, invia una missiva ad Arturo Bocchini, allora capo della Polizia con “Voglio che si trovi”.

Malgrado un gran dispiego di risorse ed indagini non si riuscirà mai a far luce sulla verità dei fatti e il nome dello scienziato catanese rimbalza da un giornale all’altro, da una bocca all’altra fin quasi a spegnersi fino a quando, uno strano individuo, conosciuto con l’appellativo di “Uomo Cane” (Omu Cani), riaccende i riflettori sul “caso Majorana”.

Sicilia, anno 1940.

Nel tranquillo paese di Mazara del Vallo, approda un uomo silenzioso, burbero, schivo e avulso dalla società mazarese che va in giro per la cittadina nutrendosi di rifiuti. Porta sempre con sé un bastone appuntito con il quale raccoglie i mozziconi di sigarette per poi fumarli. Poco avvezzo a rispondere a domande e curiosità sulla sua vita privata ha un carattere scontroso ma mai aggressivo che gli vale il nomignolo di “omu cani”, uomo cane. Si chiama Tommaso Lipari e in molti, a Mazara, si convincono che si tratti, in realtà, di Ettore Majorana, scomparso in circostanze assai sospette un paio di anni prima.

A diffondere ed avvalorare questa tesi sono i fratelli Romeo che racconteranno di un episodio avvenuto quasi 50 anni prima quando un padre, preoccupato dalle difficoltà incontrate dal proprio figlio in matematica, si reca da Tommaso raccontando degli esami molto vicini del figlio; Tommaso decide di aiutare lo studente, prodigandosi in chiarimenti su argomenti di fisica e matematica e raccomandandosi di non riferire a nessuno di quell’evento. “Mi disse di chiamarsi Ettore Majorana e di essere un ex-professore di matematica e fisica” – riferirà anni dopo Edoardo Romeo.

Il 9 luglio 1973, Tommaso viene trovato morto sui gradini della statua di San Vito. Di lui, a seguito di ricerche compiute alcuni anni fa, sappiamo essere un muratore nato a Tunisi il 14 aprile 1900, sposato con una donna di Moncalieri, incarcerato a Favignana e trasferitosi a Mazara negli anni ’40 del Novecento.

Sebbene non esistano prove che l’Uomo Cane ed Ettore Majorana siano state la stessa persona, resta la suggestione, ancora viva tra i Mazaresi, che quello strano uomo, amante della solitudine, possa in realtà essere stato l’ombra di un altro uomo ammantato di mistero, che lascia in chi ascolta la sua storia il sapore agrodolce di una verità non detta, di dubbi e quesiti a cui, forse, non risponderemo mai.

articolo di Carmela Chiara Corso

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