I Beati Paoli. Un mistero lungo cinque secoli

I Beati Paoli. Un mistero lungo cinque secoli

Il fascino e la tragicità della storia trovano ampio fondamento nella sua imprevedibilità. E cosa c’è di più imprevedibile di una setta misteriosa che opera nell’ombra e giudica impietosa, decidendo arbitrariamente, senza rinvii né appelli, sorti e destini di una popolazione alla sua mercé? Vendicatori, giustizieri, difensori dei poveri e degli oppressi, braccio aggiunto ad una giustizia troppo spesso cieca ed inefficace, oppure scellerati malfattori che, sotto il colore di ripar di altrui torti,  compivano i peggiori misfatti? Al giudizio dei posteri l’ardua sentenza.

Grotte scavate sotto la città vecchia, uomini incappucciati, riunioni segrete, patti e cospirazioni… Che li si identifichi come benefattori o come criminali, è innegabile l’attrattiva che l’alone di mistero che, da oltre cinque secoli, gravita attorno alla figura di questi “uomini della notte” esercita nei confronti di chi legge ed ascolta l’ampio repertorio di storie e leggende legate ai Beati Paoli. Una storia studiata a regola d’arte, scandita da meccanismi e intrecci che si incastrano alla perfezione; una storia di omicidi, di complotti, di vendette, di patti di sangue, di torti subiti da riparare che si snodano tra le viscere di Palermo, nell’oscurità dei suoi sotterranei che disegnano una città non meno reale o viva di quella baciata dalla luce del sole.

Un gruppo di uomini che si muove nel buio della notte, colpendo implacabile al cuore di un’aristocrazia dispotica e prepotente è la risposta al bisogno collettivo di protezione e giustizia ed è questa la chiave, il segreto, che ha permesso ai Beati Paoli di sopravvivere nel tempo: il loro essere consolatori di sventure, giusti nel giudizio, impietosi nella condanna.

Dei Beati Paoli hanno scritto in tanti, primo tra tutti Luigi Natoli il quale, sulla base di qualche scarna leggenda sull’esistenza di una setta di giustizieri nata per contrastare il potere dei Baroni, quella dei Vendicosi, opera una ricostruzione non solo letteraria ma anche e soprattutto storico – antropologica. Protagonista assoluta è la società segreta che, nell’opera del Natoli, diventa una sorta di deus ex machina che opera nella costante lotta tra bene e male, al di sopra dei mezzi e delle leggi degli uomini, nella quale il lettore non può identificarsi ma che, al tempo stesso, non può non idolatrare.

Dietro una fragile coltre di fumo, c’è la lotta per il potere che esclude, sin dalle prime battute, quello stesso popolo che i membri della setta proclamano di proteggere, un popolo che c’è ma non sa, che non vede e non parla, e se sa viene coinvolto a fare l’interesse dell’una o dell’altra prepotenza, senza via di scampo, purché si ritorni all’ordine (o al disordine) stabilito. Si lotta in nome di una giustizia non scritta ma che è «scolpita nei nostri cuori: noi la osserviamo e costringiamo gli altri ad osservarla […] e per imporla non abbiamo che un’arma: il terrore, e un mezzo per servircene: il mistero».

Una giustizia, dunque, che non c’è, reazionaria, volutamente e violentemente oppressiva, che opera secondo regole proprie e risponde solamente a se stessa. È questa l’eredità lasciata dai Beati Paoli; la forza dell’immaginario che rimodella la storia, che torna a vivere con un’altra anima e un’altra sembianza.

di Carmela Corso

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *