Tra le numerose storie e leggende che arricchiscono di sfumature oscure e misteriose la tradizione popolare palermitana ce n’è una che parla di un mondo dorato e decadente, affascinante e impenetrabile che si snoda tra sontuose stanze ed eleganti saloni. È quella del Grand Hotel delle Palme di Palermo.
Come nei migliori romanzi noir, questo sontuoso edificio liberty – dall’aspetto imponente e maestoso – é stato crocevia di intrighi del potere, trame di mafia, scandali politici, misteriosi fatti di cronaca e avventure di personaggi stravaganti.
La lista di fatti misteriosi legati al Grand Hotel delle Palme si snoda attraverso la vicenda dello scrittore e poeta francese Raymond Roussel, trovato morto dissanguato nel bagno della sua camera. Secondo quanto riferito dal personale dell’albergo, già nei giorni precedenti alla sua morte, qualcosa – pare all’interno dell’hotel – lo inquietò a tal punto da tentare il suicidio, avvenuto nel luglio 1933. E se la frettolosa tesi ufficiale parla di suicidio per overdose di barbiturici c’è chi, come lo scrittore Leonardo Sciascia, sostiene l’ipotesi che dietro la sua morte si nasconda dell’altro. Un mistero ancora insoluto che aleggia tra i corridoi dell’edificio.
Negli anni l’hotel diventerà il centro direzionale di operazioni di intelligence ma anche di relazioni pericolose con esponenti della mafia siculo-americana. Tra i lussuosi saloni di via Roma, Vito Genovese incontrava Charles Poletti, capo degli affari civili dell’amministrazione militare americana, nello stesso periodo in cui il boss Lucky Luciano soggiornava in compagnia della giovane amante Virginia Massa.
Qualche anno più tardi, a metà degli anni ’50, Luciano si sarebbe ritrovato con personaggi del calibro di Joe Bananas, Carmine Galante, Santo Sorge, Frank Garofalo, Vincenzo Rimi, Cesare Manzella e Rosario Mancino, per discutere l’eliminazione di Albert Anastasia.
L’ombra della mafia aleggia anche sulla vicenda di uno dei più illustri e celebri ospiti dell’albergo, Giuseppe Di Stefano di Castelvetrano, «il barone Sciacca», personaggio eccentrico ed enigmatico che, già in vita, entrava a pieno titolo nell’immaginario collettivo dei suoi concittadini: forse il viatico per sfuggire a un misterioso ricatto.
Residente in pianta stabile dell’albergo, visse la sua misteriosa e solitaria esistenza isolato in un volontario esilio dorato tra i suoi specchi, stucchi e velluti. A monte del suo isolamento un omicidio avvenuto in quel di Castelvetrano di cui nulla si sa di certo: c’è chi accenna ad un tragico incidente mentre altri, invece, giurano che «qualcosa accadde a Castelvetrano, ma non quello che si dice». All’interno dell’hotel Di Stefano visse gli anni della sua seconda vita, fatta di gioco, alcol e donne ma anche musica, letteratura, arte e poesia. Testimoni presenti giurano che il barone – che in realtà altro non era che il rampollo di una famiglia della malavita siciliana – si accompagnasse spesso con signorotti e mafiosi locali partecipando, seppur indirettamente, agli intrighi e agli scandali politici dell’epoca. Malgrado fosse circondato da un’aura mondana e cosmopolita, a fine serata si ritirava in un’impenetrabile solitudine, lasciando il resto del mondo all’esterno. Una volta chiusa la porta dietro di sé a nessuno fu mai dato di sapere cosa accadesse nella sua camera. Di lui scriveva, nel lontano 1995, Famiglia Cristiana: tra le pagine del giornale prendeva vita la storia del “barone Sciacca”, fatta di morte, mafia e denaro e tracciata da contorni quasi fiabeschi. Si parlava dell’omicidio, delle sue abitudini, di un matrimonio (mai realmente attestato) con una lontana parente e di un lascito monetario giunto nelle sue mani in circostanze poco chiare. Quale che fosse la verità sul suo vissuto e sulla sua morte, la leggenda del barone non è mai stata smentita e ancora oggi continua ad arricchire storie e aneddoti della tradizione orale cittadina.
Tra gli anni Cinquanta e Sessanta le sale del Grand Hotel delle Palme furono testimoni delle intricate e oscure trame della politica culminate con la caduta del governo autonomista di Silvio Milazzo e il diffondersi dello scandalo della compravendita di voti di fiducia.
Da quel momento le «Palme» divennero scenario di un lungo e affascinante parterre di personaggi Renato Guttuso, Giorgio De Chirico, Tino Buazzelli, Francis Ford Coppola, Al Pacino e Vittorio Gassman (che proprio lì visse i giorni antecedenti alla morte) lasciando, durante le loro visite, tracce nei ricordi del personale e della cronaca locale. Ma un alone di mistero fascinoso e coinvolgente come i suoi protagonisti.
di Carmela Corso