Astute e misteriose, affascinanti e letali: sono le avvelenatrici, donne che, nei secoli, si sono affacciate sul parterre delle cronache per l’abilità nel manipolare e somministrare i veleni, l’arma delle donne, tanto pericolosa quanto infida, apparentemente innocua e, al tempo stesso, fatale, fedele alleato di vendette e malvagità. Tra tutti spicca il nome della Marchesa di Brinvilliers; un caso sconvolgente e drammatico accaduto alla corte di Luigi XIV e che anticiperà quello che passerà alla storia come l’Affare dei Veleni.
Francia, secoda metà del Seicento. Marie-Madelaine Dreux d’Aubray, figlia di Antoine, Consigliere di Stato e luogotenente di Parigi e delle miniere di Francia, una giovane dall’aspetto esile ed elegante, la tipica bellezza francese, viene data in sposa al marchese Goblin Brinvilliers, figlio del presidente della Camera dei Conti e padrone in campo del reggimento in Normandia; un matrimonio vantaggioso che eleva la giovine e la sua famiglia al rango dell’aristocrazia di toga.
Qualche anno dopo il matrimonio, diviene l’amante di un amico del marito, certo Godin, detto Sainte-Croix, capitano di cavalleria nel reggimento di Tracy, brillante e galante cavaliere. Nel 1663, per denunzia del padre della marchesa, il Sainte-Croix viene internato nella Bastiglia. È qui, pare, che apprende da un compagno di cella a produrre e manipolare potentissimi veleni. Uscito di prigione dopo alcuni mesi, riprende la sua relazione con la marchesa. Questa, indignata per la denunzia, scaglia le proprie mira di vendetta contro il padre e i due fratelli, avvelenati nel febbraio 1666 cercando di uccidere, insieme a loro, anche una sorella, una cognata, una nipote e il marito Antoine.
Vittima forse di uno dei loro esperimenti muore, nel 1672, anche il Sainte-Croix. Al momento della perquisizione i gendarmi scoprono in casa una cassetta piena di veleni, indirizzata alla sua amante, e una obbligazione (corrispondente a 30.000 lire) firmata dalla marchesa poco tempo dopo la morte di uno dei suoi fratelli. Messa alle strette e con l’acqua alla gola, la Brinvilliers tenta la via della fuga, nascondendosi a Londra mentre, a Parigi, i giudici decidono per la condanna alla decapitazione in contumacia dalla Camera di Giustizia. Scoperta viene emanato da Colbert l’ordine d’arresto il 19 novembre 1672. Ancora una volta la marchesa riesce a fuggire e a nascondersi nei Paesi Bassi spagnoli dove viene intercettata e incarcerata soltanto quattro anni dopo, il 15 marzo 1676. Condotta a Maëstricht sotto buona custodia, tenta il suicidio. All’arrivo a Parigi, davanti ai giudici nega ogni coinvolgimento nelle uccisioni imputate al saint-Croix. Ma a Liegi viene sequestrata una confessione firmata di lei, in cui si dichiarava colpevole dei fatti dei quali è accusata, e di molti altri delitti e corruzioni.
«Mi accuso di aver causato un incendio. Mi accuso di aver avvelenato mio padre con le mie proprie mani. Ho avuto desiderio di avvelenare mia sorella perchè mi rimproverava della mia condotta, che era orribile. Mi accuso che un giovanotto mi stuprò quando avevo sette anni».
Sottoposta ad nuovo interrogatorio e alle torture della corda e dell’acqua, confessa infine i suoi delitti e denuncia un gran numero di complici, fra i più alti personaggi della magistratura e della nobiltà parigina. Condannata alla decapitazione, chiede di essere bruciata per espiare i propri peccati. Viene giustiziata, all’età di 46 anni, il 16 luglio 1676 sulla piazza di Grève, davanti a una grande folla di curiosi. Svestita, torturata, poi gettata nel fuoco e le ceneri sparse nel vento affinché nessuno del popolo potesse raccoglierle.
Madame de Sévigné, testimone dell’esecuzione dalla finestra di una casa presso il parco di Notre-Dame, ne fa una descrizione in molte delle sue lettere dando testimonianza della fermezza dimostrata dall’accusata in faccia alla morte.
«Venerdì 17 luglio 1676,
É finita: la Brinvilliers è nell’aria; il suo povero corpicino, dopo l’esecuzione, è stato gettato in un gran fuoco, come cenere al vento, in modo che noi la respireremo, e per la comunicazione degli spiriti, saremo presi da qualche umore avvelenante, di cui tutti ci meraviglieremo. Il processo è finito ieri… fino alle cinque della sera ha raccontato la sua vita, spaventevole ancor di più di quel che si pensasse: ha avvelenato dieci volte di seguito suo padre (non poteva venirne a capo), i suoi fratelli e molti altri. Dopo questa confessione non so è tralasciato di applicare la tortura ordinaria e straordinaria, ma nonha detto nulla di più. Alle sei è stata condotta in camicia con la corda al collo a Notre Dame, per fare l’onorevole ammenda; poi l’hano messa nello stesso carretto dove io l’ho veduta, gettata supina sulla paglia, con una cuffia bassa; da una parte c’era un medico, dall’altra un carnefice: in verità era uno spettacolo che mi ha fatto fremere… Montò sola, a piedi nudi, sulla scala e sul patibolo, ed in un quarto d’ora fu rasata, girata e rigirata dal carnefice: vi fu un grande mormorio per questa crudeltà. L’indomani si cercavano le sue ossa: il popolo la crdeva una santa».
Il caso della marchesa Brinvilliers, dalla grande potenza mediatica non solo per il crimine in sé ma anche per la quantità e l’importanza dei personaggi coinvolti a vario titolo, da inizio ad una vera e propria indagine ad ampio raggio, soprannominata l’Affare dei Veleni: occorre, infatti trovare e fermare chi i veleni li commercia. Nicolas Gabriel de la Reynie, capo della polizia, venuto a conoscenza che traffici di sostanze illecite si concentrano nel quartiere di Saint-Denis, ne ordina un controllo al setaccio da parte dei suoi agenti. Venditori di veleni, streghe, indovini ed altra marmaglia viene rastrellata e incarcerata.
Gli interrogatori e le indagini portano alla luce nuovi crimini, commerci sordidi e diversi colpevoli, ma le rivelazioni che maggiormente attirano l’attenzione di Reynie sono quelle della maga La Voisin. Uno scandalo ripugnante e senza precedenti che coinvolge l’alta società e i dignitari della Francia, tra cui la contessa Olimpia Mancini, amante “rottamata” del Re Sole e la sorella, Maria Anna Mancini duchessa di Bouillon, e Madame de Montespan, la potente favorita del re, madre di sette dei suoi figli che, nel tentativo di mantenere viva la passione del sovrano, aveva fatto ricorso a messe nere, malocchio, filtri d’amore, veleno e altre “amenità” finanche il sacrificio di neonati. Indagini serrate si traducono in breve tempo in 319 arresti e 35 condanne.
Tra intrighi, spietati omicidi e impietose condanne, al pari della trama del più avvincente dei romanzi, la marchesa de Brinvilliers scrive una delle pagine più buie della storia di Francia, ottenendo di diritto un posto eminente nella storia dei delitti celebri. Un caso di omicidi seriali su cui è lo stesso sovrano a scrivere la parole fine, ordinando un’improvvisa chiusura del caso e il sequestro delle carte con le accuse alla Montespan (alla luce dei fatti, forse non esattamente estranea alla vicenda) ed altri nomi illustri della sua corte.
Articolo di Carmela Chiara Corso
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