Trucco eccessivo, mosse ammiccanti e abiti chiassosi indossati dalle ragazze che, a notte fonda, praticano clandestinamente l’amore su terreni abbandonati, adescando i propri clienti nei luoghi pubblici; fili di perle, inebrianti profumi e fiumi di champagne versati nei salotti di lussuose case dell’amore … tanti e variegati sono i volti della prostituzione.
Un carattere poliedrico e inafferrabile, una luminosa miseria dell’animo, da sempre ossessione di scrittori, poeti, pittori, drammaturghi e compositori che, in una continua e spasmodica ricerca d’amore, piacere e ispirazione, si affacciano, di volta in volta, alle soglie dei bordelli.
È soprattutto a Parigi, durante gli sfarzosi anni della Belle Époque, che la prostituzione si afferma come soggetto ispiratore di denunce sociali e opere artistiche che trovano, nel cuore della Ville Lumière terreno fertile per la loro ricerca, in una moltitudine di luoghi (dai celebri café chantant alle logge dei teatrI, passando per i salotti dell’alta società e le case di tolleranza disseminate ovunque in città) da cui osservare la complessa danza dell’amore a pagamento.
“Ciò che più mi piace di Parigi sono i boulevard. […] Quando i lampioni iniziano a riflettersi negli specchi e i coltelli a tintinnare sui tavoli di marmo, io me ne vado a passeggio, in pace, lasciandomi avvolgere dal fumo del mio sigaro e scrutando le donne che passano. È quella l’ora in cui si sparge la prostituzione, l’ora in cui brillano gli occhi!”. Con queste poche righe Gustave Flaubert ritrae lo spettacolo della prostituzione offerto da una Parigi trasformata dalla creazione dei boulevard e dal nuovo sistema di illuminazione pubblica, sfruttata dalle belle di notte parigine per valorizzare la propria “merce”. Esibendosi dunque sotto gli occhi dei passanti, la prostituzione diventa visibile di notte là dove è discreta di giorno, e sembra allora invadere lo spazio pubblico come testimoniano numerosi scritti dell’epoca.
In queste rappresentazioni talvolta controverse, l’osservazione quasi chirurgica si fonde ad una sfrenata e disinibita immaginazione. Tuttavia, per quanto singolari possano apparire, questi sguardi “illuminati” sull’universo della prostituzione appartengono solo ed esclusivamente ad artisti di sesso maschile. Così, dietro l’evocazione di gioie e illusioni, di dolori, speranze disattese e vite miserabili, traspare in modo quanto mai impietoso la miserevole condizione femminile nell’epoca moderna.
In breve tempo, quello del meretricio diventa uno dei temi prediletti dei principali mezzi di comunicazione. Una storia d’amore inesauribile, un coitus non interruptus che, dagli albori del Novecento, si è protrattO fino ai giorni nostri.
L’avvento della fotografia nel 1839 segna una nuova era nella raffigurazione del corpo e nella fruizione della sessualità. Potendo cogliere ciò che è vivo, grazie a tempi di posa notevolmente ridotti, i fotografi sono liberi di esplorare la rappresentazione di visi e sessi. La precisione e la finezza dei dettagli offerte dal dagherrotipo prima e dalla stampa su carta albuminata poi, permettono una straordinaria resa della grana e della trasparenza della pelle, dell’attaccatura dei peli, delle espressioni velate dello sguardo e del sorriso, mentre la colorazione delle carni, degli occhi e degli accessori contribuisce a rafforzare l’illusione del reale. L’applicazione della stereoscopia al medium fotografico va a completare l’impressione inedita e sconcertante di un corpo che è possibile dettagliare e scrutare nei suoi volumi, grazie alla pratica solitaria offerta dal visore.
Realizzate e diffuse inizialmente sottobanco queste immagini sono il risultato di una relazione tra modella, fotografo e destinatario, la quale riproduce il triangolo formato da prostituta, sfruttatore e cliente. Come la donna in carne ed ossa che si mostra nel salotto della casa di tolleranza, esse mirano in fondo all’eccitazione sessuale. Fruendo dell’immagine, lo spettatore diventa egli stesso un cliente virtuale.
Nelle opere non c’è volgarità né squallore; al contrario, la storia per immagini di rapporti personali profondi sincerati dall’atto sessuale. Uno sguardo alle attività più intime per raccontare i vezzi delo spirito impenitente del comportamento umano carnale, evidenziandone pulsioni e crude emozioni.
articolo di Carmela Corso