Prima donna. Primati al femminile nella storia di Sicilia

Prima donna. Primati al femminile nella storia di Sicilia

Guidare, votare, avere libera scelta sul proprio corpo e sulle proprie scelte, personali e lavorative, senza costrizioni esterne. Aspetti del quotidiano che appaiono assolutamente normali e scontati ma che, nella realtà, sono vere e proprie conquiste, frutto di lunghe e sofferte battaglie che hanno permesso alle donne di (ri)prendersi il loro posto nel mondo. Una lotta aperta, dal finale non scritto, combattuta ogni giorno in ogni aspetto del vivere quotidiano.

Donne che hanno agito in prima persona sfidando logiche, divieti e tabù di una società maschilista e misogina che ha le ha relegate ai margini, che hanno lottato con le unghie e con i denti per se stesse ma anche per noi, per affermare e far rispettare la propria identità, il proprio valore e il proprio ruolo. In occasione della Giornata che celebra la donna, le sue lotte e le sue conquiste, un omaggio a tutte coloro che hanno dato un contributo determinante al mondo, alla nostra storia e all’emancipazione femminile.

E se il mondo è donna, terre come la Sicilia sono e sanno di femmina. Tantissime, infatti, sono state le figure femminili che hanno lasciato il segno, scrivendone importantissimi capitoli. Una fu, senza dubbio, Cleopatra di Sicilia. Figlia dell’Emiro Abbad, assunse un ruolo di primissimo piano durante l’assedio di Federico II all’odierna Poggioreale. Lo stupor mundi aveva ingannato l’emiro spingendolo alla resa, salvo poi ucciderlo insieme ai suoi figli maschi. Solo Cleopatra scelse di non chinare la testa e combattere l’invasore ad oltranza. Fu proprio lei a tendere una trappola al sovrano normanno e a vendicare la morte della sua famiglia e dei suoi guerrieri prima di darsi la morte con il veleno.

Nina Siciliana, figura dai contorni misteriosi – a tratti leggendari – (originaria di Palermo ma più probabilmente di Messina), che ritroviamo all’interno della cultura tardo medievale come la prima donna di cui si abbia conoscenza a poetare in volgare. A parlare di lei Dante da Maiano, innamoratosene attraverso la lettura dei suoi versi “gentili ed eleganti” e Vincenzo Nannucci, che la descrive come «Donna gentile e leggiadra, bellissima sopra tutte le altre del suo tempo e della sua Nazione, e che fu la prima femmina che s’abbia notizia che poetasse in lingua volgare».

Bella di Paija, fu tra le prime “medichesse” a poter esercitare liberamente la professione avendo ottenuto l’abilitazione con decreto regio (così si legge nel documento emanato il 6 settembre 1414 dalla regina Bianca di Sicilia che la esonerava, tra le altre cose, dal pagamento delle tasse) per avere praticato “cum sanitati di li piacenti”.

Rivoluzionaria e ribelle fu Francisca Massara, la prima donna in Europa ad indossare i pantaloni nel lontano 1698, epoca in cui una scollatura più accennata o un orlo più corto del dovuto era sufficiente a creare uno scandalo. Saranno poi George Sand (pseudonimo di Aurore Dupin) e Sarah Bernhardt a sfidare apertamente la pubblica morale “abbigliandosi da uomo”. Sulla scia della ribellione come non annoverare Maria Paternò, baronessa catanese e prima donna ad ottenere, nel 1808, il divorzio in Italia; Santa Miloro, fiore all’occhiello del Risorgimento al femminile, la prima a sparare un colpo di fucile durante i moti rivoluzionari del 1848; l’alcamese Franca Viola, prima donna italiana a rifiutare il matrimonio riparatore, divenuta simbolo della crescita civile dell’Italia nel secondo dopoguerra e dell’emancipazione delle donne italiane. Rapita, stuprata e segregata a soli 17 anni, scelse con forza di opporsi, in accordo con la famiglia, al matrimonio con il suo aggressore e aguzzino. Fu solo l’intervento congiunto del padre e della polizia a liberare Franca e a consegnare alla giustizia Filippo Melodia, condannato ad 11 anni di carcere, ed i suoi complici.

Un grande passo per loro, un passo enorme per la società quello compiuto da Carmelina Naselli, prima docente universitaria donna in Italia che ricorprì, dal 1949 al 1964, all’Università di Catania, la cattedra in Storia della letteratura italiana, Letteratura e Storia delle tradizioni popolari; Accursia Pumilia, la prima donna a chiedere nel 1906 di essere iscritta nelle liste elettorali; Vittoria Giunti, moglie del partigiano Salvatore Di Benedetto, siciliana d’adozione e prima donna sindaco d’Italia, nel comune di Sant’Elisabetta, nel 1956.

Una menzione speciale meritano anche Isabella Bellini e Genoveffa Bisso, le prime femministe di Sicilia e Giuseppina Turrisi Colonna, la prima a parlare, nell’isola di pari opportunità; Annetta Tasca Bordonaro che, nel 1916, aprì il più grande ospedale della regione; Elda Pucci la prima donna sindaco di Palermo, eletta nel 1983; e Margherita De Simone, prima donna preside di facoltà. A lei va il merito di aver denunciato lo scempio perpetrato verso le ville della Piana dei Colli e di Bagheria. Nei primi anni Ottanta, lei e la collega Anna Maria Fundarò furono le prime donne a conseguire il titolo di professore ordinario in Architettura. Con la Fundarò e Gianni Pirrone, nell’anno accademico 1973-74 mise in atto l’esperienza didattica del “Corso diagonale” fra le tre discipline.

Altrettanto importanti ma meno fortunate furono, invece, donne come Maria Luisa Mangano, che detiene il triste primato di essere stata la prima donna ad essere inquisita dal Sant’Uffizio in Sicilia, processata, torturata e condannata in poco meno di un’ora per adulterio e Giovanna Bonanno, conosciuta ai più come la “vecchia dell’aceto”, ultimo caso di autodafé a Palermo.

“Prime volte”, lotte e cambiamenti pantagruelici che, oggi, sono acquisiti e assimilati a tal punto da passare inosservati portati avanti e ottenuti da donne che hanno voluto determinare il proprio destino senza rinunziare al loro ruolo di donne. A loro e a tutte le figlie, sorelle, mogli, madri, lavoratrici del mondo un sentito e speciale augurio

articolo di Carmela Chiara Corso