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Gabriel Garcia Marquez e le sue puttane tristi

Alcol, ragazze dall’accento francese avvolte in abiti succinti, sbuffi di fumo, fiumi di soldi e giochi audaci perpetuati all’interno di camere ornate da velluti e merletti. È questa la scena impressa nell’immaginario collettivo quando si pensa alle prostitute, supportata dalle opere che, negli anni della Belle Époque, hanno fatto grandi artisti come Toulouse Lautrec, Degas, Manet e Picasso, solo per citarne alcuni. Una visione sfalsata della realtà, figlia di un romanticismo che punta a dare un’anima alla dissolutezza del genere umano. Nelle loro tele gli artisti raccontano queste donne, dispensatrici d’amore dall’animo spezzato, schiave della depravazione fisica e morale e quotidianamente in lotta per riscattare loro stesse, attraverso i soli mezzi  messi a loro disposizione da un destino beffardo. La…

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Che esercitassero all’aperto, per le strade cittadine o nell’intimità – se così si può dire – in stanze e saloni, all’interno di taverne o case chiuse, erano poche quelle che riuscivano a trovare godimento nella mercificazione del proprio corpo, sbeffeggiate dai pregiudizi e falsi perbenismi di una società ipocrita e bigotta. La prima cosa che una prostituta impara è che nel gioco del sesso la prima regola è che non ci sono regole. A maggior ragione quando il gioco, l’atto sessuale, viene ricompensato. É uno dei precetti fondamentali del decalogo delle case del “buon meretricio”. Lo sa bene Nell Kimball, ex prostituta poi tenutaria di una sua maison close a cavallo tra Ottocento e Novecento che con tono diretto nel…

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Belles de nuit, prostitute, meretrici, cortigiane, signorine allegre, baldracche, donne mondane e immorali, miserabili sgualdrine… questione di semantica. In ogni caso, donne che vivono nella povertà dell’animo, nella costante mercificazione del proprio io. La figura della prostituta, della “vita”, l’arte del piacere sono alcuni tra i soggetti che, più di altri, si legano alla sfera visiva. Perché l’eros e il piacere, un po’ come il cibo, partono dalla vista e si nutrono dello sguardo. Quello della prostituta è un mestiere vecchio come il mondo e così le sue rappresentazioni. Già in epoca classica, al tempo degli dei e dei re, l’immagine di queste professioniste dell’amore campeggiano sui muri dei vicoli più poveri e lascivi, esaltate non solo nelle rappresentazioni artistiche…

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Lampade d’epoca illuminano specchi, velluti, merletti, drappeggi e broccati dalle tinte forti e scure. L’ambiente ovattato dei salottini delle maison d’alto bordo, lascivo e peccaminoso, è avvolto dall’inebriante visione delle silhouette delle “belle signorine”. Figure quasi eteree, eleganti e indolenti, maliziose inquiline delle case chiuse ricevono e intrattengono i propri ammiratori stuzzicando desideri e fantasie. Regola fondamentale delle case è un’attenta e scrupolosa preparazione che parte dall’igiene personale e termina con trucco e parrucco. Momento cardine della fase di preparazione è la toletta, poiché un’igiene impeccabile garantisce prestazioni migliori e, pare, anche virtù profilattiche. Si inizia con la toletta quotidiana, che viene effettuata prima dell’arrivo dei clienti, compito fondamentale per le coquettes e anche momento di distrazione che segna l’inizio…

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Se pittori e fotografi hanno mostrato nel corso dei secoli l’aspetto più colorato e immediato dell’amore mercenario, autori, poeti e musicisti hanno messo la propria arte a servizio di male donne e prostitute conferendo loro un’aulicità che si nutre di note e parole, attraverso le canzoni che, come uno specchio, mostrano l’anima e le sfaccettature delle epoche che cambiano. Si parla di malizia, di donne peccaminose e perdute che si fondono con l’oscurità della notte su quella strada che diventa la loro casa; di donne sfruttate, costrette a ridere anche quando vorrebbero piangere; di donne che dell’amore ne hanno fatto una missione, che stravolgono il torpore smuovendo coscienze e falsi perbenismi. Donne, tutte in egual modo protagoniste di un’unica disamine…

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San Valentino è la festa dell’amore. L’amore che unisce due persone, indipendentemente dalle loro differenze. La storia di Salvo e Lorena racconta di un sentimento che sorpassa con noncuranza quelli che molti definirebbero “problemi insormontabili”. Per questo la loro storia è, fra tante, quella che meglio incarna lo spirito di San Valentino. Due giovani, due città, un amore così grande e sincero da vincere distanza e diversità. Perché il diverso non esiste, e non esistono barriere quando c’è l’amore. E, in fondo, cos’è l’amore se non la capacità di trovare il simile nel dissimile? Per raggiungere Salvo ad Alcamo, in Sicilia, Lorena dice ai genitori di andare a fare un week end al mare con la solita amica. Al terzo viaggio…

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6/7