Torquemada

Torquemada

Il grande inquisitore

Quando si parla di Inquisizione spagnola la mente rimanda velocemente a Tomàs de Torquemada, confessore dei cattolicissimi sovrani Isabella di Castiglia Ferdinando II d’Aragona, poi incaricato da quest’ultimi di ricoprire la carica di capo della nuova Inquisizione spagnola. Il priore di Santa Cruz, dinnanzi ai sovrani, sbottò con voce tonante: “Giuda una volta ha venduto il figlio di Dio per trenta denari. Le vostre maestà pensano di venderlo ancora per trentamila? Eccolo. Vendetelo dunque, ma tenetemi fuori in ogni modo dalla transazione”

Fu il capo assoluto dell’Inquisizione spagnola e il suo nome è sinonimo di ferocia e perversione. Ma chi fu davvero Tomás de Torquemada? Come riuscì ad arrivare, con tanto ardore, dinnanzi ai sovrani di Spagna? Quale era la sua causa? E come passò alla storia con l’appellativo di “Leggenda nera”?

Discendente da una famiglia di ebrei convertiti e imparentato con il cardinale Juan de Torquemada, nasce nel 1420 nella città di Valladolid. La sua ascesa nelle alte sfere della gerarchia ecclesiastica è già tracciata fin dalla più tenera età. Da studente diligente sviluppa ben presto una reputazione di pio e umile riuscendo ad essere ammesso al Monastero Domenicano San Pablo. La sua vita ruota attorno allo studio ecclesiastico, alla preghiera e alla confessione, fino all’ottenimento della carica di priore del convento domenicano di Segovia. Nella sua piccola parrocchia è un predicatore energico e pieno di ardore.

Intorno al 1470 la principessa Isabella di Castiglia, che un anno prima si era unita in matrimonio con Ferdinando d’Aragona, trascorre molto tempo a Segovia e, conosciuta la fama di Torquemada, lo vuole come suo confessore. I due sono ossessionati dalla volontà di sradicare l’eresia religiosa e difendere la purezza della Chiesa per innovare la nuova società. Si instaura, così, un legame assai stretto tanto che Isabella lo chiama come consigliere personale.

Egli sarà al fianco dei sovrani durante la guerriglia contro i Portoghesi e per risolvere l’annoso “problema dei Conversos”, gli ebrei convertiti al cristianesimo e pian piano insidiatisi nelle maglie di potere, rivestendo prestigiose cariche.

La comunità giudaica di Spagna conta, negli anni del regno di Isabella, circa 80.000 ebrei a fronte dei circa 6 milioni di Cristiani. I nuovi conversos, detestati sia dai vecchi cristiani (“i puri”), che vedono i loro diritti equiparati a quelli dei “nuovi cristiani”, sia dai loro ex correligionari perché considerati traditori, sono sospettati di praticare in segreto riti e pratiche della loro vecchia religione, diventando presto facili vittime.

Essi suscitavano sospetto e diffidenza, e non pochi pensavano di avere per vicini più ebrei che cristiani. Nonostante i pregiudizi, molti ebrei ottennero alte cariche nell’amministrazione reale, nella burocrazia civile e perfino nella Chiesa… Essi erano tra le persone più colte della Spagna, e l’importanza raggiunta, il successo e la ricchezza provocavano invidie e risentimenti. Ad esacerbare l’ostilità dell’inquisizione sarebbe stata anche la loro agiatezza.

S. Klein

Nel 1478 la corona spagnola, spinta dai propri consiglieri tra cui lo stesso Torquemada, allettata dalla confisca dei beni dei conversos, inaugura il Tribunale della Santa Inquisizione: inizia la lotta all’eretico e all’infedele. L’istituzione del nuovo Tribunale causa migliaia di morti, sconvolge le vite di intere generazioni e ridisegna la geografia umana, attraverso espulsioni, fughe e condanne.

Nominato Inquisitore Generale di tutta la Spagna e delle colonie, lavora fianco a fianco al Cardinal Mendoza e ai frati domenicani Miguel Morillo e Juan de San Martin, organizzando e centralizzando (attraverso le Istructiones, redatte periodicamente dal 1484 al 1498) l’inquisitoria macchina organizzativa, tumultuosa, violenta e prevaricatrice. A capo del Consejo Supremo de la Santa Inquisición, detto la Suprema, esercita l’autorità su 22 tribunali: 14 in Spagna, 3 in Portogallo, 3 nell’America spagnola, 2 in Italia (Sicilia e Sardegna).

I processi nei confronti di converos (ebrei) e marranos (musulmani), sospettati di falsa conversione sono assai rigorosi: essi vengono arrestati, passati sotto esame, interrogati e torturati al fine di estorcere loro una confessione.

In considerazione dei sospetti avvalorati dalle prove, egli viene condannato ad essere torturato per il tempo che sarà giudicato necessario, in modo da costringerlo a dire la verità. Se durante la tortura dovesse morire o subire emorragie o mutilazioni, ciò non dovrà essere attribuito all’inquisitore, ma a lui stesso, per non aver detto la verità.

da I personaggi più malvagi della storia di Shelley Klein e Miranda Twiss

L’ossessione di Torquemada va oltre la sola eresia. Con il beneplacito della Chiesa e l’appoggio della corona, spinge verso la cosiddetta “limpieza de sangre”, la purezza del sangue. Nei 15 anni a capo del Sant’Uffizio fu instancabile nel dare istruzioni, esaminare rapporti, ordinare ispezioni e avviare circa centomila processi (circa venti casi al giorno) e ben duemila condanne al rogo.

Una persona dai tratti raccapriccianti, responsabile della morte sul rogo di 10.280 persone e della punizione con infamia e confisca dei beni di altre 27.321 […] Pareva quasi impossibile trovare un altro uomo quanto lui capace di rea lizzare le intenzioni di re Ferdinando […], quelle della Curia romana […] e quelle degli inventori dell’Inquisizione e degli autodafé.

Juan Antonio Llorente

Fanatico, rigoroso, severo e inflessibile, prima con se stesso e poi con gli altri, è espressione del suo tempo in cui all’integralismo religioso della Chiesa cattolica, che punisce il dissenso religioso con la forza, si affianca la Corona di Spagna, avida e bigotta.

Ritiratosi nel convento di San Tommaso ad Avila continua, nonostante i tormenti della gotta, a dirigere il Sant’Uffizio. Si spegne all’età di 78 anni, nel 1498, dopo aver redatto l’ultima versione delle sue Instructiones, lasciando ai suoi successori il compito di estirpare ebrei ed eretici dai domini spagnoli. Le sue spoglie vengono inumate nel Real Monasterio de Santo Tomás ad Avila.

È fra Ottocento e Novecento che nasce, in ambito anglosassone, la “leggenda nera” su Torquemada e l’Inquisizione spagnola, col fine di screditare politicamente la Spagna. Torquemada è stato, certamente, severo e intransigente, ma non ha fatto altro che seguire l’idea, ben delineata nella mente di Ferdinando II d’Aragona, di sfruttare il pretesto religioso per indebolire il potere socio-economico della comunità ebraica di Spagna, dapprima con l’obbligo di conversione (pena l’espulsione dalla Spagna) e il pagamento di esose tasse e, in seguito, con la persecuzione e la confisca dei beni.

Dopo Filippo II, Torquemada è stato l’uomo che ha fatto il maggior male al suo Paese.

E. R. Saint-Hilaire

articolo di Carmela Chiara Corso

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